È tradizione. A ferragosto piove.
Il bagnino e il bagnante hanno di cui lamentarsi al riparo dei gazebi –che poi
cosa ti ripari che il cielo è nuvoloso. L’hai mangiato il cocomero?, chiede una
signora piemontese dalla pelle rossastra, figlia illegittima di una crema
protettiva 50 vecchia di almeno dieci anni e di una esposizione solare da neofita
della vacanza. Il piccolo, presumibilmente in un delirio pre-digestivo, fissa
con occhi sbarrati la bandierina issata al termine della passerella che porta
al mare: sventola un rosso orgoglioso più che allarmato. I scogli ricevono
ondate di acqua grigia, i gabbiani se ne vedono bene dallo sporcarsi le loro
zampe. Forse i pesci, quei pochi pesci che vagano nel Mare Adriatico, si
comportano da veri uomini: si alzano dal loro tavolo a fine pranzo, dopo il
caffè, e si stendono sul divano a leggere la Gazzetta. Il caffè con il
Varnelli. Il bar sul lungomare è deserto. La macchina tritaghiaccio per le
granite ruota la sua spirale nel silenzio artico del bancone. Quest’anno per
fronteggiare la crisi ci sono solamente due macchinette che sminuzzano solo
ghiaccio, senza sciroppo. Quello, lo sciroppo, lo si aggiunge una volta
spillato il ghiaccio, così da porre il cliente difronte ad una gamma di gusti
maggiore. The freedom of choice. Si
fa molta fatica ad accettare le scelte altrui, ma ti hanno sempre insegnato che
in un verso o nell’altro lo devi fare. Ecco perché mi ritrovo a camminare con
le infradito mezze scassate, la barba lunga, le lenti da sole polverose e una
maglietta dei Metallica stinta sul lungomare, oscillando continuamente tra la
vuota insofferenza che solo quel giorno dell’anno ti sa dare e un paio di
biciclette parcheggiate sulla destra del marciapiede. E l’hai deciso tu. Covando
come una cicogna malata, la speranza di un giorno in cui parleremo anche delle
conseguenze.
“i sentimenti vaffanculo, sono un vapore oleoso che offusca l’orizzonte”