“Certo, quante cose si
potrebbero fare coi soldi che noi ci imboschiamo, di quante speranze priviamo
le giovani generazioni”; ma non sono soldi veri, una volta estratti dal flipper
del mercato perdono il loro profumo. C’è chi teme che, come nel secolo breve,
la recessione conduca alla violenza e alle guerre mondiali; ma al tempo delle
rivoluzioni russa e fascista l’età media era la metà di oggi e il sangue
ribolliva il doppio. Ormai le masse sono atomizzate e disperse, i ragazzi che
saccheggiano i negozi rubano gli iPad e si contemplano compiaciuti in
differita; gli striscioni nelle manifestazioni degli indignados dicono “dividiamo
la grana”. Nessuno vuole davvero rinunciare al potere salvifico del consumo, le
vittime sono invidiose dei carnefici ed è facile ingannarle con l’elemosina di
un simulacro anche miserabile. Le vecchie oligarchie gettavano al popolo manciate di monete d’oro dalla
carrozza, ora basta fargli sentire il rumore di un jingle accattivante o
intravedere il fulgore di una farfallina tatuata –gettare monete è inutile,
tutte le monete del mondo non rappresentano che il tre per centro del denaro
globale. L’umanità non vuole accettare quello che lei stessa ha scoperto: che
la vita non dipende dall'amore che i sentimenti sono essudati dalla biologia,
che l’individuo non è più laboratorio di nulla e che il mercato è in grado di
fornire l’intero kit per un’individualità fai-da-te. I regolatori del nuovo equilibrio dovranno sapere che la virtualità
è l’oppio dei popoli e la psicologia un placebo; che l’epopea del singolo è
finita e d’ora in poi avranno a che fare con organismi collettivi, colonie tipo
i coralli o le spugne, compattati dalla scienza come nell’alto medioevo li
compattava la religione. Le invenzioni della finanza sono l’estremo titanico
tentativo di rivolgersi verso l’alto (le obbligazioni a cent’anni con cui si
crede di addomesticare il debito !), alla scalata di un paradiso sia pure
artificiale, prima della modestia concentrazionaria e obbligatoria. Dio sta
morendo anche nei suoi surrogati. Se perfino i clown rientrano nei ranghi, chi
difenderà le ascensioni dell’eros contro il grigio della rinuncia?
(Walter Siti – Resistere non serve a niente)
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